venerdì 29 marzo 2013

Formae Mentis

Per il consueto appuntamento con il Venerdì del libro, questa settimana cambio totalmente genere e vi parlo di un saggio di Howard Gardner, Formae Mentis, saggio sulla pluralità dell'intelligenza. Non è nuovo (è stato pubblicato nel 1987), ma io lo trovo ancora attuale, ed è una lettura che tutti gli insegnanti, educatori e anche genitori, dovrebbero conoscere.

Secondo Gardner, un professore di Scienza dell'educazione all'Università di Harvard, esistono vari tipi di intelligenza, che corrispondono a diverse abilità.
Qui parla dell'intelligenza linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestetica, personale ed interpersonale. 
Può sembrare un argomento ostico, ma in realtà il libro è molto scorrevole e discorsivo, e poi è proprio interessante. Arriverete ad aver letto oltre 400 pagine senza sforzo e con del materiale su cui pensare.

L'intelligenza secondo Gardner, è la capacità di risolvere problemi o creare prodotti apprezzati. Quindi è anche il tipo di società in cui viviamo che considera interessanti o meno delle qualità. Si prendono ad esempio "un dodicenne delle isole Puluwat che è stato scelto dai suoi anziani per diventare maestro navigatore e che dovrà imparare, sotto la guida di maestri navigatori esperti, a combinare la
conoscenza della navigazione, delle stelle e della geografia in modo da sapersi orientare fra centinaia di isole; un iraniano quindicenne che ha imparato a memoria l'intero corano ed è venuto a padroneggiare la lingua araba e che verrà istruito per diventare un insegnante e capo religioso; una quattordicenne parigina che ha imparato a programmare un computer e sta cominciando a comporre musica con l'aiuto di un sintetizzatore.
Ognuno di loro è altamente competente in un campo difficile e manifesta un comportamento intelligente, anche se i metodi di valutazione correnti delle capacità intellettive non sono sufficientemente affinati per permettere di valutare i potenziali o le prestazioni di questi tre individui".

Nella prima parte del libro c'è una parte storica: come veniva misurata l'intelligenza nel passato, quando è stato inventato il QI, chi sono gli psicologi o comunque i personaggi più importanti in questo campo, con elementi biologici (che però si può anche saltare, l'autore stesso vi dice di passare direttamente a pag. tot se non siete interessati a questo aspetto). Poi si passa all'analisi dei sette tipi di intelligenza e infine, la terza parte è intitolata "Implicazioni e applicazioni".

La terza parte è forse la più interessante se dovessi scegliere, ma ripeto, io ho letto con piacere anche le parti più "indigeste" senza fare fatica.

Spero possa essere utile anche a voi e vi auguro buona lettura!

martedì 26 marzo 2013

Comunicazione alternativa

Sabato mattina in prima Gondor, alunni e insegnanti arrancano verso il weekend, nell'aria c'è un certo fermento... solo chi ha avuto l'esperienza dell'ultima ora del sabato può capire.

Comunque la prof di inglese sta riconsegnando le verifiche corrette.

Allora ci sono i soliti che, diciamo così, sdrammatizzano il momento solenne, in pratica sono ancora più casinisti del solito. La parte femminile della classe, più riflessiva, attende con trepidazione il suo turno, mentre chi ha già ricevuto la verifica la guarda, magari chiama per chiedere spiegazioni, confronta voti ed errori, conta gli errori per fare il confronto. Insomma, tutto normale.

E' il turno di Melissa Duck, la sua verifica non è andata benissimo, ma neanche malissimo, ha preso 5 e mezzo in un obiettivo e 7 e mezzo in un altro. Ma per lei esiste solo il 5.

Allora, tornata a posto, comincia a piangere silenziosamente, con la frangia che le copre gli occhi, e sotto la frangia fa i conti con la calcolatrice per vedere se la media si è abbassata (non gli entra in testa che noi non diamo i voti facendo la media aritmetica).
Intanto continua il bailamme, Duffy Duck, che non riesce a stare fermo, schizza come una pallina da flipper e urla, non si direbbe che da un cosino così piccolo possa uscire una voce così potente, Taz dall'altro capo dell'aula risponde a toni altrettanto alti e commentando su tutto. Titti, con quella vocetta stridula non si tira indietro, e Gatto Silvestro interviene con i suoi versi da cavallo imbizzarrito. Cosa piuttosto strana per un gatto.

Comunque, in mezzo a tutto ciò, tra un batti e ribatti, Titti va con nonchalance da Petunia (che ha i fazzoletti di carta sul banco), ne prende uno, lasciando il pacchetto vuoto e fa il giro della classe e sempre con nonchalance molla il fazzoletto ad Melissa Duck che 
sta ancora piangendo. Petunia, con la scusa di buttare il pacchetto vuoto di fazzoletti, fa un giro innaturale per arrivare al cestino e fa pat pat sulla spalla di Melissa Duck, mentre Taz mi fa segnali verso  Melissa come dire "Fa qualcosa!".

Mi avvicino a Petunia e le chiedo com'è andata la verifica, so quello che sto facendo. Ha preso 5 anche lei, ed io le dico, sempre con nonchalance, beh, hai preso 5, ma non è così grave vero? Lo rimedi con un 6 o 6 e mezzo!!! Poi hai preso anche un 7! E chi ha orecchie per intendere intenda.


lunedì 25 marzo 2013

L'Istituto Comprensivo

Ad anno scolastico avanzato, ho pensato bene di dire due parole sulla scuola dove lavoro da qualche anno, così da avere qualche riferimento o direzione quando vi parlo delle mie classi.
Trattasi di Istituto Comprensivo, composto da cinque piccoli plessi. Io parlerò solo di tre plessi (quelli dotati di scuola media), dove mi sono trovata ad insegnare.
Cominciamo dalla sede centrale, la supervip, che per me è Mordor*. Sede con ben due sezioni, dotata di segreteria e anche di un parco-docenti con delirio di onnipotenza. 
Il comitato di accoglienza in questa sede, per i malcapitati supplenti annuali o temporanei, organizza simpatiche feste di benvenuto, cioè se ti va di culo ti ignorano o ti guardano con aria di sufficienza in sala insegnanti. Se proprio sei antipatico, cioè quando allo sguardo di sufficienza si dipinge in volto la sottomissione, amano metterti in cattiva luce con genitori e segreteria, ti appioppano una bella classe da coordinare, quella coi genitori e i figli più stronzi, e ti fanno fare tutte le gite, mentre loro accumulano incarichi profumatamente retribuiti senza fare una mazza (vedi funzioni strumentali).
Notare il fatto che amano essere forte coi deboli, perché se allo sguardo di sufficienza si dipinge in volto "mbè, zzovuoi", secondo me ti lasciano stare. Io mi presento con la faccia da Uruk hai!

A una trentina di chilometri di distanza c'è un'altra sede, che io chiamerei (per rimanere in metafora) Granburrone*. Beh, qui è tutto un altro paio di maniche, come si può facilmente intuire. Sede distaccata con referente che non se la tira, che se può aiuta e  dà   consigli, possiamo dire anche, per farla breve, che si comporta da persona normale. Guarda alle volte cosa può succedere nello spazio di 30 chilometri, sarà la qualità dell'acqua dell'acquedotto comunale? Mistero.
Comunque questa è la sede che amo di più, con una sezione sola, tantissimi stranieri, quindi che non se la tirano troppo neanche loro e classi poco numerose. 
Non dico che sono tutte rose e fiori, qualche problemino l'abbiamo anche qui, per esempio quello che non vuole studiare il capitolo su Costantino perché (maledetto!) ha introdotto il cristianesimo... poi abbiamo avuto anche SenzaVergogna, ma in generale il corpo docente è compatto e collabora serenamente.

Nel mezzo abbiamo la sede di mezzo, appunto, che lo è anche di fatto, direi una città di Gondor*, dove si sta abbastanza bene, ma insomma gli uomini non sono perfetti e ci può essere qualche problemino. Ti capita un re pazzo ed è finita. 
Comunque si lavora abbastanza bene, l'importante è dare sempre ragione ai capi, e io lo faccio regolarmente...tranne quando mi pestano qualche callo e allora mi faccio sentire.

Essendo io incaricata annualmente, vago per le sedi. E ogni anno, prima delle nomine c'è sempre la consueta preghiera:

Fa che ci sia posto nelle Terre di Mezzo,
Fa che a nessuno che sceglie prima di me venga in mente di andarci,
Fa che non debba andare a Mordor

In genere mi va bene, a parte qualche annata strana dove mi tocca andarci per coprire magari una classe, per il resto mi accaparro Granburrone e completo con Gondor.
Anche quest anno è così: a Granburrone una sezione con prima-seconda-terza e a Gondor completo con un altro spezzone di sostegno in prima, con il famoso ragazzino che non sapevo come chiamare, e che adesso ho deciso per Forrest, perché Forrest Gump comincia sempre i suoi discorsi con "Mum always said", mentre per lui il guru è il nonno o il papà, ma comunque siamo lì.

*link solo per i non tolkeniani

venerdì 22 marzo 2013

La Paziente Privata

Reading the end of a mystery novel before you actually get there is on a par with eating the white stuff out of the middle of Oreo cookies and then throwing the cookies themselves away
 (Stephen King, da bambino, dopo aver scoperto la mamma che sbirciava la fine di un giallo)


E' questa l'ultima puntata della serie di polizieschi con protagonista l'Ispettore Adam Dalgliesh, scritti da P. D. James, una simpatica novantaduenne, scrittrice e membro della Camera dei Lords inglese.

Purtroppo mi è capitato tra le mani questo libro e l'ho letto senza sapere facesse parte di una serie, ma questo non mi impedirà di andarmi a cercare tutti gli altri e di leggerli in ordine cronologico :-)
E per non farvi commettere il mio stesso errore, vi rimando alla pagina di wikipedia dove li trovate in ordine.

Per collegarmi alla citazione da Stephen King, sappiate che, tra le altre cose, a fare da introduzione e conclusione del romanzo ci sono le vicende personali dell'Ispettore Dalgliesh.
Il romanzo infatti, dopo una parte iniziale dove viene presentata la vittima nelle ultime tre settimane di vita, e il lettore sa da subito che deve morire il 14 dicembre, presenta l'ispettore nel momento in cui riceve la telefonata di lavoro mentre è in tutt'altre faccende affaccendato. Si trova infatti a colloquio con il padre della sua promessa sposa, e c'è l'esilarante scenetta che ricalca il dialogo tra Lady Bracknell e Jack ne l'importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde. La vicenda con fidanzata e matrimonio viene ripresa nelle ultime pagine.
In mezzo veniamo portati in una mansion di campagna: Cheverell Manor, che ospita una clinica di lusso specializzata in interventi di chirurgia estetica. 
Ci sono tutti gli elementi che fanno di questo romanzo una perla di perfezione nel suo genere: sontuosa residenza di campagna risalente all'epoca Tudor (insisto, sono proprio fissata), il circolo di pietre dove è stata bruciata una giovane donna per stregoneria nel 1654, personaggi con un passato da nascondere, tutti elementi che rimandano ad una tradizione romantico-gotica con delitto. Una goduria!

Non mi resta che consigliarlo vivamente alle amiche del venerdì del libro e augurare a tutte un buon we.





giovedì 21 marzo 2013

Annus Mirabilis

A quanto pare oggi è il giorno della poesia, me lo ricordano la bionda e il comizietto. E così ho cominciato a pensare... io non sono molto affezionata al genere, ma comunque ci sono un bel po' di poesie che mi piacciono. 
Il "solito" Shakespeare? Blake, Byron, Keats? Emily Dickinson o Sylvia Plath? Seamus Heaney? No, no, non fatemi pensare a Dylan Thomas che mi sento tonta...
Alla fine ho optato per lui, Philip Larkin, un poeta della corrente (se così si può chiamare) The Movement. Considerato misantropo, uno che non amava i "ggiovani", il suo umore dominante è la solitudine, il senso di perdita, l'incomunicabilità.
In questa poesia, Annus Mirabilis, c'è anche la frustrazione e il rimpianto di essere nato troppo presto, troppo presto per la liberazione sessuale del 1963, quando lui aveva già 41 anni... non faccio commenti.
Eccovi il testo


I rapporti sessuali ebbero inizio
nel millenovecentosessantatre
(piuttosto tardi per me) - 
Tra la fine della censura di Chatterley
e il primo LP dei Beatles.

Fino ad allora c'era stato soltanto
una sorta di patto,
una baruffa per l'anello,
un senso di vergogna che cominciò a sedici anni
e si diffuse in ogni cosa.

Poi il diverbio di colpo svanì:
tutti ci sentivamo uguali
e ogni esistenza divenne
un favoloso en plein;
un gioco in cui non si può perdere.

Così la vita non fu mai migliore come
nel millenovecentosessantare
(sebbene un po' troppo tardi per me) - 
Tra la fine della censura di Chatterley
e il primo LP dei Beatles.

[traduzione di Luisa Pontrandolfo (Alte Finestre, ETS, 1990)]


e in originale...

Sexual intercourse began
In nineteen sixty-three
(Which was rather late for me) -
Between the end of the Chatterley ban
And the Beatles first LP.

Up till then there'd only been

A sort of bargaining,
A wrangle for a ring,
A shame that started at sixteen
And spread to everything.

Then all at once the quarrel sank:

Everyone felt the same,
And every life became
A brilliant breaking of the bank,
A quite unlosable game.

So life was never better than

In nineteen sixty-three
(Though just too late for me) -
Between the end of the Chatterley ban
And the Beatles first LP.

mercoledì 20 marzo 2013

I'm Wolfe, I fix things

Quando mi hanno chiesto di fare la referente per la tecnologia nel plesso dove insegno, io non avevo nessuna voglia di accettare. Perché io, sì, insomma uso il computer, ho l'i-pad, ma non è che sia Steve Jobs... ma a quanto pare tutti pensano che io sia "esperta".
Ho accettato, quindi, perché era una di quelle offerte a cui non puoi rinunciare, nel senso che te l'appioppano.

E quando oggi ho dovuto svolgere la mia funzione...
"Scusa, mi puoi far funzionare le casse della LIM?"
"Certo!" dico io con sicumera (pregando di riuscire a risolvere il difficile compito).
Poi sono andata lì ed ho acceso le casse.

venerdì 15 marzo 2013

The Constant Princess o Caterina, la Prima Moglie

I said "I promise", and I do not forget. I will be constant to him.

Questo romanzo di Philippa Gregory parla di Caterina d'Aragona, l'infanta di Spagna, figlia dei sovrani più famosi della storia Isabella e Ferdinando.

Caterina è promessa sposa di Arthur Tudor sin dalla tenera età di tre anni, per questo è Principessa di Galles.
A quindici anni viene mandata in Inghilterra per sposare Arthur. Il matrimonio però durerà solo 5 mesi, perché Arthur, come tutti sanno, muore prematuramente.

Alcune cronache dicono che Arthur fosse un ragazzo debole e poco sano, per questo motivo le nozze non furono mai consumate. Tant'è vero che Caterina andrà in sposa al fratello Henry.
Altri resoconti dicono che in realtà il matrimonio era valido a tutti gli effetti - wedded and bedded, come dirà nonna Margaret - e che il matrimonio tra Henry e Caterina era basato su una menzogna.

Philippa Gregory si basa su questa seconda versione, e costruisce la storia di questa Caterina, una donna determinata a diventare regina d'Inghilterra a qualunque costo. 
Innumerevoli sono i rimandi a questa constanza (the constant princess), che permetteranno ad una donna, poco più che bambina all'epoca dei fatti, di sopportare infinite umiliazioni e di non arrendersi mai.
Perché Caterina è constant
Innanzitutto perché è stata cresciuta e allevata come Principessa di Galles dai suoi genitori, e non riesce ad accettare nessun' altra alternativa, lei deve essere regina. E poi perché è una promessa fatta al suo primo marito Arthur, che prima di morire le dice di mentire sul loro matrimonio e di sposare suo fratello Henry.

Non sarà facile, dall'aprile del 1502 al 1509 Caterina rimarrà in attesa di sposare Henry, relegata lontano dalla corte e senza soldi. Il volpone Ferdinando non darà mai la seconda parte della dote al re Henry VII, e lei dovrà impegnare il suo servizio di piatti d'oro per sopravvivere.
Nonna Margaret, tenterà di mandare a monte il matrimonio tra lei e il suo adorato nipote, ma Henry, dipinto come un ragazzino viziato al quale le danno tutte vinte, si impunta e la sposa.

Dopo il matrimonio, avvenuto quando Caterina ha 23 anni e Henry 18, si presenta il problema dell'erede. Caterina avrà ben sei gravidanze: prima una bambina nata morta, poi un maschietto nato a Capodanno che sopravviverà solo 52 giorni, un aborto, un altro maschietto che morirà dopo pochi giorni, finalmente Maria e poi un'altra figlia morta entro una settimana dalla nascita.

La Gregory parla in particolare dei primi due parti, e il dolore immenso per la perdita del bambino di Capodanno. 

Poi c'è un salto temporale e le ultimissime pagine raccontano di Caterina che va al processo per difendersi dall'accusa di aver mentito sulla sua verginità.

Questo il mio consiglio per questo venerdì del libro.

martedì 12 marzo 2013

il mio concorso

Non era ancora arrivato per me il momento di raccontare il mio concorso, non avevo voglia di scriverne adesso. Prima di tutto perché non è ancora finito, e poi, soprattutto perché non so com'è andato.

Ma dopo aver letto il post di Palmy, ho voluto dire la mia in proposito.

In particolare si parla di quelle persone che hanno passato il test preselettivo, ma poi hanno deciso di non presentarsi allo scritto.
Io ho un'idea su queste persone.

Intanto cominciamo da quelli che si sono iscritti alla preselezione e poi non ci sono andati. Perché? Perché hanno rinunciato ancora prima di partire? La mia teoria è che c'è un certo numero di persone che si iscrive "tanto per fare", e poi magari se ne dimentica, o trova di meglio da fare... posso portare l'esperienza di due maestre del mio istituto che si sono iscritte e poi non sono andate. 
Una ha detto che tanto è la seconda in graduatoria, quindi non vedeva la necessità di tanto sbattimento (cosa che credo sapesse anche prima di iscriversi), e l'altra, dopo aver visto i quiz ha rinunciato (pura e semplice autoselezione).
Poi c'è anche quella parte di popolo che è andato sapendo benissimo di non riuscire a passarlo.
Anche qui ho un esempio: un collega che aveva la prova nel mio stesso istituto e alla stessa ora, prima di entrare era lì che diceva che aveva provato solo due delle settanta simulazioni. In una aveva fatto una cosa come due punti, e nell'altra era passato perché gli aveva detto le risposte suo figlio (!). Poi le altre non le aveva neanche fatte perché "gli veniva il nervoso"... la domanda spontanea è: cosa ci sei venuto a fare?

Quindi tra i 320.000 più della metà era messo così, da come si sono messe le cose.

Seconda tappa, anzi, prima della seconda tappa vorrei volgere un pensiero a coloro i quali pur non essendo riusciti a passare una prova oggettiva e obiettivamente facile, si sono rivolti all'anief perché non hanno accettato il fatto di non avercela fatta. E allora bisogna dare la colpa a qualcuno, qualcun altro - perché loro non hanno alcuna colpa -. Quindi non era giusto passare con 35 punti, ripeto: non è colpa loro se non sono passati, è colpa di quei cattivoni che hanno deciso che ci volevano 35 punti...un vero scandalo!!!!!! A seguire le cavallette, il funerale della nonna e tutto il corredo di scuse improbabili che neanche Jake Blues alla principessa Leila.

Ed ora veniamo a quelli che, pur avendo passato la prova preselettiva non si sono presentati allo scritto. Palmy ha letto in questa rinuncia un misto di paura e tristezza. Vero, concordo sulla paura.
La paura di mettersi in gioco e passare due mesi d'inferno (come hai fatto tu, Palmy, e come ho fatto io) con la prospettiva magari di non farcela.
Il fatto è che ci sono troppe persone che semplicemente non possono sopportare il fallimento. Va di moda, adesso, vantarsi di passare gli esami senza fare fatica, altrimenti non sei figo, sei solo uno sfigato secchione (a me è stato dato della secchiona semplicemente per aver provato tutte le settanta simulazioni ed essermi impegnata seriamente, chiedendo alla prof di mate come si facevano i problemi con le leve piuttosto che come si risolvevano le incognite).
Allora è meglio rinunciare, meglio dire che tanto non ci interessa, non mettersi in gioco per poi ammettere di non esserci riusciti.

nota a margine: io non credo di aver fatto una grande prova scritta, sarei molto sorpresa se passassi con un buon voto, quindi non credo farò l'orale (dovendo arrivare tra i primi nove...). Le domande non erano oggettive, quindi non essendoci una risposta giusta o sbagliata è anche difficile dire: è andata bene/male. Posso dire che io ho fatto la mia parte. 


Chissà cosa mi credevo

Calvin usa dei nomignoli-vezzeggiativi alquanto strani, tutti suoi, presi da oggetti di uso comune.
Faccio un esempio, per un certo periodo chiamava Charlie Brown "spazzola", poi è arrivato il turno di "bombolone" o "bombolo", adesso è il momento di "finferlo".

Non c'è alcuna intenzione di offendere, anche perché sa benissimo il significato di queste parole e sa benissimo che in quel contesto non vogliono dire niente.

Qualche sera fa Calvin mangia i finocchi...e dopo cena apostrofa Charlie Brown con un nomignolo di nuovo conio: "finocchio".

Charlie Brown non ha nessuna reazione, ormai è abituato agli strani nomi che gli rifila suo fratello. Io dico " Calvin, non usare quella parola, perché ha anche un altro significato e non è bello"
"Davvero? E cosa vuol dire?" Domanda subito curioso.
 Io gli dico "adesso non ti preoccupare di questo, però non usare quella parola".
Per il momento finisce lì.

Il giorno dopo però, Mastro Birraio riprende l'argomento e comincia a spiegare: lo sai che di solito gli uomini si sposano con le donne, ma per alcune persone non è così..."
Calvin interrompe "ah! I gay!"

Bon! Un'altra situazione risolta da un ventenne nel corpo di un ottenne!!!

venerdì 8 marzo 2013

Il miglio verde

Questo libro nasce dalle notti insonni del Re - ho pescato un altro volume dalla borsa abbandonata in biblioteca -, ma non è il solito (se si può usare questo aggettivo per un libro di King) thriller. Questa volta King si cimenta in un genere leggermente diverso. Fermo restando l'elemento paura, si tratta di un tipo diverso di paura, questa è quella che se ci pensi non ti fa dormire la notte, non quella "oddio ho sentito un rumore, sarà il gatto che ha rovesciato un vaso o un serial killer che viene per me?"

Si tratta di "Il Miglio Verde", del quale esiste anche una versione cinematografica del 1999 che molti avranno visto. Io stessa ne vidi un pezzo anni fa, durante un'ora di supplenza in una classe dove ne stavano guardando l'ultima parte. Non sapevo fosse tratto da un libro di Stephen King, e non sapevo neanche che fosse stato pubblicato a puntate su un giornale britannico nel 1993.

Nell'introduzione l'autore spiega all'affezionato lettore - Constant Reader - la genesi di questo romanzo. Come dicevo, all'inizio era una "bedtime story", cioè una di quelle storie a cui pensa l'autore nelle notti in cui non riesce a dormire, sono tante queste notti.
Qui c'è la prima nota: noi comuni mortali abbiamo un concetto completamente diverso, abbiamo forse il libro da comodino, quello che leggiamo prima di addormentarci, poche pagine alla volta, che dura parecchio perché di solito lo leggiamo pochi minuti alla volta. King, invece, si racconta mentalmente delle storie, come se fosse al computer: tornando indietro per aggiungere parole, pensieri, cancellare frasi e costruire i dialoghi. Ogni notte ricomincia da capo e smette un po' più in là di dove aveva lasciato la notte prima. Dopo cinque o sei notti ha interi pezzi memorizzati.

L'occasione per trasformare questa bedtime story in una vera e propria story, arriva da un fax del suo agente che gli parla di una proposta ricevuta da un editore britannico di fare un romanzo da pubblicare a puntate sul modello di Charles Dickens. L'editore glielo propone sottovoce, aspettandosi una risposta negativa, e invece a King l'idea piace e comincia questa nuova avventura.

Della trama non vi voglio, come al solito, raccontare troppo. Vi basti sapere che il miglio verde si riferisce al corridoio pavimentato con linoleum verde di una prigione. Alla fine di questo corridoio c'è "Old Sparky", la sedia elettrica. 
Il racconto è in prima persona dal punto di vista di una guardia carceraria, che si decide a scrivere la sua storia quando è ormai molto anziano e si trova in una casa di riposo. Mai viene fatto esplicito riferimento o critica alla pena di morte, si raccontano solo i fatti, normali, eccezionali, strani e inspiegabili che sono avvenuti. Tuttavia penso di poter dire che i sentimenti traspaiono.

Un consiglio di lettura intenso, triste ma molto bello per le amiche del venerdì del libro, dalle quali ritorno con grande piacere questo fine settimana.